E LEDUCAZIONE AI SENTIMENTI? GIA, CHE TIPO DI SCUOLA?
Ogni riforma scolastica ha come obiettivo
dichiarato il miglioramento delle funzioni educative in rapporto alla realtà del
momento storico-politico. Ma nessuna riforma ha mai avuto tanto spirito
demagogico, più che tanta sicumera, da qualificare il proprio obiettivo come
"La buona scuola", come è accaduto con la più recente.
La
buona scuola: davvero? Come se le scuole uscite dalle diverse precedenti
riforme fossero state cattive scuole! Eppure quelle scuole, lungo tutto il
Novecento, hanno contribuito a fare
lItalia. Tanto più quando le aule erano locali di fortuna, persino rimesse e
stalle, ripulite nel cambio duso anche con loperosità manuale di maestri e maestre. O
quando non cerano neanche le aule, come accadde con la scuola itinerante. Ma
i maestri allora erano figure di riferimento per gli alunni, non figure messe
in discussione dalle famiglie!
E allora davvero erano buone scuole,
specialmente nel secondo dopoguerra, quando maestre e maestri erano chiamati a
vigilare sulligiene degli alunni, ad intervenire addirittura personalmente per
eliminare sudiciume e pidocchi, ad educare non pochi ragazzi alla pulizia
personale e al rispetto di se stessi, soprattutto ad educarli ai buoni
sentimenti ed ai valori che hanno consentito la rinascita e lo sviluppo della
nostra nazione. E la conseguenza di quegli interventi e di quelleducazione
furono lattaccamento, il rispetto, la stima di ogni alunno per la propria
maestra, per il proprio maestro, per tutto il resto della vita.
Ora quei buoni sentimenti e quei valori sono
solo dichiarazioni cartacee, mentre si vedono alunni cognitivizzati come computer, tra input e output, tra schede e
valutazioni, solo sollecitati allacquisizione
delle cognizioni, in una scuola mossa
nella prospettiva di un ritorno al vecchio nozionismo condannato specialmente
dalla riforma del 55 (scuola elementare) e da quella del 62 (legge istitutiva
della scuola media) .
La scuola di questi ultimi decenni sta
persino semplificando e schematizzando la complessità dellazione educativa in
funzione di una personalità dimezzata (diminuita della parte
affettivo-emotivo-sentimentale) anche a
causa della pluralità dei docenti che spesso affollano le singole classi ed anche a causa di un efficientismo produttivo
estraneo alla nostra cultura, ma quasi del tutto naturale nellamericanismo, di
cui si vanno scopiazzando finalità e metodi dinsegnamento.
Come può essere detta buona una scuola
sempre più chiamata e sollecitata a dare competenze in prospettiva di
formazione per il mondo del lavoro, che giorno per giorno si caratterizza per
innovazioni sempre più rapide e che al lavoro produttivo provvede sempre più
con le macchine fornite dalla robotica? Una buona scuola, invece, non dovrebbe
educare la personalità nel suo pieno sviluppo, anziché formarla per questa o
quella funzione particolare nellinteresse di gruppi economico-produttivi?
Come può essere qualificata buona una scuola
che consente strapotere alle famiglie,
cui sembra delegata una capacità di vigilanza sullazione didattico-educativa che
mortifica la necessaria autorità professionale dellinsegnante?
Come può essere considerata buona una scuola
che toglie la capacità di valutazione della propria opera educativa
allinsegnante per attribuirla allINVALSI nella pretesa di unobiettività
docimologica innaturale nel rapporto educativo maestro -scolaro, così ricco di
connotazioni soggettive, di sensibilità psicologiche, di attenzioni affettive
ed emotive?
Come può essere detta buona una scuola che
richiede agli insegnanti il loro maggiore impegno in attività dingegneria
programmatoria sulle carte anziché nella costruzione di un rapporto educativo diretto con gli alunni? Che
induce gli insegnanti a spendere ore e ore del loro tempo educativo a discutere
e a compilare carte, a disperdere le loro energie in cento attività formali,
anziché consentire ad essi
lesplicazione serena della loro funzione didattica ed educativa, che non può
essere confusa assolutamente con qualsiasi altra attività di concetto, dordine
o di produzione materiale?
Come può essere detta buona una scuola non
tanto perché sottoposta a penuria di
risorse economiche e finanziarie, ma perché limita in modo avaro il compenso degli
insegnanti, e soprattutto rende
difficoltoso il rapporto educativo maestro/scolaro costringendo, specialmente
nella scuola media superiore, il singolo insegnante ad esplicare la propria
funzione educativa persino su tre scuole diverse e lontane luna dallaltra
decine di chilometri?
Come può essere buona una scuola se la
prima preoccupazione dellamministrazione scolastica è il risparmio economico sul
suo funzionamento nel quadro del bilancio nazionale, e non il potenziamento e
la promozione di tutte quelle componenti, in primo luogo gli insegnanti, che
costituiscono e davvero qualificano la scuola come concretamente buona ?
Mi sembra doveroso riconoscere un punto
concreto a favore di questa prospettiva: il bonus che consente il vero e reale aggiornamento
degli insegnanti con laccesso a libri personali, al contrario di un
aggiornamento impersonale, collettivo, ex-cattedra, inutile e noioso.
Questo aggiornamento potrebbe risvegliare nel corpo docente il
senso critico del compito educativo e riscoprire soprattutto la volontà
dinterpretare la realtà in cui si deve inserire creativamente lalunno, perché
questi sia aiutato a coglierne i problemi ed a saperli affrontare non solo con le
necessarie conoscenze e competenze, ma anche con i valori che lo guidino al
rispetto degli altri, della natura e del mondo.
A fronte di questo compito educativo fondamentale, ci vuole davvero un ipertrofico
senso demagogico per classificare questa nostra scuola come La buona scuola !
Luigi Filippetta
(Direttore Didattico in pensione)